Negli ultimi tempi ho pensato spesso a un Robin Williams in giacca e cravatta che sprona una ventina di ragazzzi ingessati dentro un collegio maschile a strappare le pagine di introduzione al loro libro di testo : è l’attimo fuggente. Giovanotti in camicia si passano di mano in mano il cestino della carta per farci canestro dentro: soddisfazioni liceali. Williams vate in mezzo a loro, li chiama a raccolta, dice avvicinatevi. E sono quei momenti in cui nei film senti la pelle d’oca che sale su per il braccio, prima della rivelazione, prima della verità, prima di quella fraseche ti si attaccherà ai polmoni. Williams si inginocchia leggermente e dice: < noi non leggiamo e scriviamo poesie perchè è carino. Lo facciamo perchè siamo membri della razza umana. E la razza umana è piena di passione. questa frase sussurata racchiude una grabde verità, accoglie in sè tutta la lotta grcile e forte della lingua, la sua battgalia per al sopravvivenza in un mondo sempre più affollato, sempre più tecnico, sempre meno viscerale. Ma nello stesso tempo ne individua la mortesottoforma di nemico, di tristo mietitore. Con un solo aggettivo.  Carino. L’esserre umano si definisce nelle sue passioni, nella sua capacità di giudizio critico, nell’intelligenza delle piccole cose, nel senso del dovere, e la parola carino non appartiene a nessuna di questi campi d’azione. Ma se questi sono gli anni delle scelte concrete e coerenti perchè non iniziare la rivoluzione su noi stessi a partire dalle parole? Scegliamo allora i significati più intensi quelli più pregnanti. E ricordiamoci che la lingua è l’anticamera di ciò che siamo, di ciò che vogliamo, di ciò che faremo. E non è carina. E’ bellisssima.

bimbo