[…]D’altra parte le nuove prospettive di produzione sono generalmente caratterizzate da un’altissima intensità di tecnologia e da una bassa necessità di lavoro. Per rilanciare la crescita e sostenere l’occupazione le banche centrali hanno investito somme immense, negli ultimi cinque anni. Invano.

«Le banche centrali sorreggono l’economia con una quantità incredibile di liquidità che la FED, la Banca d’Inghilterra, la Banca del Giappone e infine la Banca centrale europea hanno iniettato sui mercati per evitare lo sprofondamento dei mercati […]. Oggi queste liquidità costituiscono il 30 per cento del prodotto lordo mondiale, mentre erano il 6 per cento alla fine degli anni Novanta. Un aumento fenomenale che ha la conseguenza che i mercati sono diventati dipendenti da questo denaro facile, angosciati dal timore che il rubinetto si chiuda» («Le Monde», citato).

Fiumi di denaro pubblico vengono sottratti alla società per destinarli a imprese che producono quantità crescenti di beni per i quali la domanda è calante, nonostante la riduzione del costo del petrolio che favorisce una diminuzione dei prezzi. «Gli statunitensi comprano meno apparecchi elettronici (– 0,2 per cento), meno alimentari e bevande (– 0,3 per cento) meno vestiti (– 0.9 per cento). L’annuncio che Wal Mart chiude 154 magazzini in tutto il paese e licenzia 10.000 dipendenti non ha certo rassicurato. D’altra parte le vendite di Macy’s sono diminuite del 4.7 per cento e quelle di Gap del 5 per cento, durante i due ultimi mesi del 2015» («Le Monde»).

Perché la domanda crolla? Prima di tutto perché non abbiamo più bisogno di comprare, e questa dovrebbe essere una buona notizia. Abbiamo un numero sufficiente di pantaloni e abbiamo mangiato troppi hamburger. Buone notizie per l’ambiente e per la nostra salute, e sarebbe una buona notizia anche per i lavoratori che potrebbero lavorare meno. Ma no. Il capitalismo non può concepire una riduzione della domanda, né una riduzione del tempo di lavoro, senza considerare questi eventi come segno di una crisi che va affrontata nella solita maniera: riducendo il salario, aumentando lo sfruttamento.

La crescita si ferma, rincula, crolla. Il tempo di lavoro necessario è precipitato dovunque, e non riprenderà mai a salire, grazie alle tecnologie che riducono lavoro. Ma il capitalismo è incapace di organizzare queste due tendenze (che il marxismo ha previsto da centocinquant’anni). Il capitalismo è incapace di semiotizzare l’innovazione, perché le categorie di cui dispone sono quelle di lavoro salariato e di accumulazione.

Il tempo di lavoro necessario si riduce. E questo potrebbe aprire le porte a una liberazione di tempo sociale. Ma siccome il capitalismo si fonda sulla superstiziosa identificazione della sopravvivenza con il salario, la benedizione delle tecnologie labor-saving, anziché tradursi in liberazione di tempo sociale, si traduce in disoccupazione di massa, miseria. E guerra.

Sezioni crescenti della popolazione non hanno più un salario perché il lavoro è diventato inutile, perciò si organizzano in forma criminale. Cos’è in ultima analisi lo Stato Islamico se non una possibilità di occupazione e reddito per milioni di lavoratori giovani delle periferie del mondo arabo e d’Europa? Cosa sono le organizzazioni narcos, che straziano distruggono terrorizzano aree del territorio messicano, se non una possibilità di occupazione e reddito per centinaia di migliaia di disoccupati delle aree più povere del Messico?

È sempre stato vero che il capitalismo porta la guerra come la nube porta la tempesta, ma oggi il processo presenta caratteri originali, rispetto a un passato in cui la guerra aveva un carattere riconoscibile, dichiarato, e cominciava in un certo giorno per finire quando si firmava la tregua. Non c’è più inizio, non c’è più tregua, non c’è più territorio né confine. La guerra è ovunque.

Non soltanto gli stati organizzano la guerra come investimento di capitali che non trovano sbocco. È la società medesima a produrre la guerra: masse di giovani privi di futuro si organizzano in forma criminale per garantirsi un reddito dato che il capitalismo non è più in grado di fornirgli un salario, mentre il ricatto del lavoro persiste, anche se il lavoro è divenuto inutile.

Cosa accadrà nel sistema finanziario quando lo shock raggiungerà le grandi banche che hanno investito sulle aziende che producono petrolio che nessuno vuole più comprare? Il 2016 è cominciato con una generale caduta delle Borse. Siamo solo all’inizio. Le conseguenze posso rivelarsi estremamente dolorose per la società.[…]

da qui