SE CENTO parlamentari su 945 hanno avuto guai con la giustizia, se cinque governatori regionali sono invischiati in inchieste pesanti (uno di essi è anche condannato in primo grado a 18 mesi di carcere), se nell’ultimo anno e mezzo una quindicina di consiglieri regionali sono stati arrestati per erati vari, se sempre nei consigli regionali gli indagati non si contano neppure…… Se, se, se. E’ forse venuta  l’ora di dire basta.

Certo, c’è la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio: l’ordinamento italiano prevede già l’interdizione dai pubblici uffici per condanne definitive superiori ai tre anni; certo, la nostra Costituzione concepisce la pena come riabilitativa e non meramente afflittiva e, quindi , in teoria espiata la condanna ogni italiano espiata la condanna ha tutti i diritti che aveva prima di compiere il reato. CERTO, tutto vero. Ma può il cittadino nutrire l’aspirazione che la classe politica da cui è governato sia specchio della parte migliore del paese e non semplicemente la fotocopia sic et sempliciter della società italiana che in effetti di indagati, imputati, arrestati ne ha a bizzeffe? Saremo in grado di coniugare una buona volta rigore morale, rispetto della legge, libertà e diritti civili?

Perchè quella della trasparenza e dell’onestà è una delle esigenze che più netta sale dall’opinione pubblica. Valori che in teoria non dovrebbero neppure essere richiesti espilicitamente ad un politico: dovrebbero esssere scontati, già inclusi. Ma che le cronache di ieri e di oggi ci ricordano amaramente come una conquista ancora da fare.