Di Loris non sappiamo nulla ma i giornali e la televisione ci fanno pensare a tutto, hanno esplorato la sua breve vita riassumendola nell’attimo della sua morte senza conoscere, senza sapere ancora niente. È l’ultimo caso in più che si aggiunge della «strategia dell’emozione»: quella che usa strumentalmente l’infanzia per creare pathos e per inorridire il mondo degli adulti. Il meccanismo è noto: tanto più efferato sarà il delitto, e a tutt’oggi pieno di congetture e di contraddizioni continue, tanto più sarà capace di occupare con l’orrore la mente di tutti. Ignobile dire che su quel corpicino ci siano state violenze prima di accertarle; orrendo affermare che Loris «ha preso la strada verso l’orco»; surrettizio insinuare che tutti «sanno ma non dicono»; impudico raccontare e mostrare le immagini del suo viso e ribadire con sempre nuovi elementi la storia della sua tortura. Come se ci fosse un diffuso piacere nel raccontare una situazione morbosa; di questo si tratta. Infatti i telegiornali, anche quelli della Rai, si sono soffermati a lungo su ipotesi ancora tutte da verificare, mettendo in evidenza attraverso Loris l’uso strumentale di tutte le infanzie in Tv e sulla carta stampata. L’enfasi viene posta sui bambini in una cultura puerocentrica come la nostra, sempre più preoccupata, ma non attenta ai più piccoli, fatta di adulti infantili che vogliono crescere precocemente i loro figli. Tutto ciò si riflette in una cultura mediatica che vuole emozionare e turbare le coscienze, di fatto più o meno consapevolmente, per placarle.

Da leggere tutto. Per favore.

Loris, Anche i bambini hanno diritto al rispetto. »