image

Qui gli stendiamo il tappeto ross..ehm nero.

O gli facciamo aprire un blog su tumblr.. 😉

Raga, scade alla fine di marzo , nei Comuni di residenza si stanno raccogliendo le firme proprio per questo: https://www.lavaldichiana.it/anpi-raccolta-firme-per-proposta-di-legge-contro-la-propaganda-fascista/
Forza forza, andate , firmate e passate parola!

“ Dacci oggi il nostro pane quotidiano” ……

Claudio Khaled Ser

CE LA FAREMO …….

Tutti i riflettori internazionali sono da sempre puntati sul Nord Africa, Libia, Tunisia, fino all’Egitto.
Il silenzio piomba sull’Algeria.
Non se ne parla ….eppure…..

Da anni é governata da una Giunta Militare che ha usato un Presidente inconsistente come faccia del Potere e poi, lo ha sostituito con un altro, continuando a governare col pugno duro il Paese. (…)

Ma a parte la situazione politica, quello che stupisce é il silenzio sul fenomeno migratorio.
Perché le fughe, tanto reclamizzate in Libia e Tunisia, qui non sono da meno.
Certo, meno barche rispetto ai Paesi citati, anche se la rotta verso la Sardegna e la Spagna é incessante.
Ma la politica algerina ha deciso di “seppellire” il problema nel deserto.

Negli ultimi 5 anni, oltre 25.000 PERSONE (dato ONU) sono state prelevate dai Campi dove erano state ammassate e portate nel Sud algerino.
Oltre 50.000 se si prendono in esame gli ultimi 10 anni.

Prima tappa, Tamanrasset, alle porte del deserto sahariano.
Già sede di un avamposto militare, rafforzato negli ultimi anni con lo stanziamento di oltre 5000 soldati, la città é il primo punto d’arrivo dei Migranti che, provenienti dalla Nigeria, dal Niger, e dal Mali, cercano fortuna in Algeria.
E per fortuna intendo una barca diretta in Europa.

Da Tamanrasset vengono poi portati sulla strada che da Illizi, conduce a Assamakka sul confine nigeriano.

E qui vengono abbandonati.
Fatti scendere dai camion in pieno deserto e lasciati senza acqua né cibo, alla mercé della sabbia.
Se vogliono salvarsi, dovranno raggiungere il confine col Niger e sperare in un aiuto (inesistente) da parte della Guardia frontaliera.

Uomini, Donne e bambini, destinati a scomparire nel deserto.
Migliaia di morti sepolti sotto la sabbia.

Pochissimi riescono a raggiungere Assamakka e, quelli che ce la fanno, vengono di nuovo internati nei Campi di prigionia chiamati “Centri di Raccolta Migranti”.
Il Niger non fornisce MAI spiegazioni, dati o notizie in merito.
Ancora oggi non sappiamo dove siano questi Centri e quante Persone ci sono rinchiuse.

L’Algeria ha ricevuto dall’Unione Europea, negli ultimi anni, 111,3 MILIONI DI DOLLARI per fronteggiare il problema migratorio.
Lo hanno risolto spedendo le Persone a morire nel Sahara ed intascandosi i soldi.

Negli ultimi tempi, il flusso migratorio sub-sahariano, visti i terrificanti esiti del loro passaggio, ha cambiato rotta, dirigendosi verso il confine libico e risalendo lungo la linea di frontiera fino a costeggiare la Tunisia.

A pochi km da questi due confini, nei pressi di El Borma, in territorio algerino, si é costituito recentemente un insediamento migratorio.
Ed é qui che mi trovo in questo momento.

Attualmente sono poco più di 800 i rifugiati che vengono assistiti con i pochi mezzi a disposizione, dalla Mezzaluna Rossa.
E’ stata allertata l’UNHCR, sia per l’invio di medicinali e viveri, sia per la protezione internazionale.
Le Autorità algerine, per il momento, fingono di non vedere, ma potrebbero intervenire da un momento all’altro per “ripulire” la zona.
Nel frattempo hanno bloccato la strada che da El Borma conduce verso Hassi Messaoud e Ouargla, quindi verso il Nord algerino.
In pratica i Migranti sono bloccati in questi pochi kmq di sabbia.
Non c’é possibilità di avvicinarsi alla frontiera tunisina, molto ben controllata dall’Esercito e nemmeno di ripiegare verso Ghadames in territorio libico per la presenza delle Truppe del Fezzan.

Oggi é previsto l’arrivo di un primo convoglio di aiuti umanitari, sempre che la strada non venga sbarrata dai predoni o dai soldati.

Quello che stupisce (ed angoscia) é il silenzio.
Radunati in piccoli gruppi, cercando di proteggersi dal calore del sole, parlano a bassa voce tra di loro, tenendo i bambini al centro del gruppo.
Non un lamento, non un’invocazione, solo Attesa e Rassegnazione.

Due medici si occupano dei più sofferenti ma é difficile perfino sapere chi sta male e di cosa soffrono, chiusi come sono nel loro riserbo.
Sempre in silenzio fanno la fila per ricevere la razione di riso ed una bottiglia d’acqua.
Si portano la mano destra sul cuore in segno di ringraziamento e chinano leggermente la testa.
Poi tornano a sedersi, quasi come se non volessero disturbare oltre.

Li abbraccerei tutti per far sentir loro che non sono soli, che insieme ed in qualche modo, supereremo le difficoltà, vorrei dire loro che “ce la faremo”.

Ed é anche quello che ci raccontiamo tra di noi, con tenacia condita da una ostinata speranza : “Ce la faremo”.
Serve a darci coraggio, aiuta ad impegnarsi ancora di più nell’affrontare la quotidiana emergenza, a non lasciare nulla di intentato.
Loro non hanno difese, sono in balia degli eventi, come stracci appesi ai fili della vita.

Ma io ne sono sicuro, non so come, ma anche questa volta, ce la faremo ❤

Claudio Khaled Ser

Migranti e Ong, anche le nuove accuse sono riconducibili a un impianto ideologico preciso
di Erasmo Palazzotto, deputato di LeU
Si respira un clima pesante, da qualche giorno è ripartita una campagna di criminalizzazione della solidarietà che covava...

Migranti e Ong, anche le nuove accuse sono riconducibili a un impianto ideologico preciso

di Erasmo Palazzotto, deputato di LeU

Si respira un clima pesante, da qualche giorno è ripartita una campagna di criminalizzazione della solidarietà che covava da mesi come brace sotto la cenere nelle carte di alcune procure. Non è certo una novità, negli anni sono state diverse le inchieste che hanno riguardato le Ong, accusate ogni volta delle peggiori nefandezze, ogni volta diverse, ma tutte riconducibili ad un impianto ideologico ben preciso, come più volte testimoniato dalle dichiarazioni alla stampa di procuratori come quello di Catania o di Ragusa. Il risultato è sempre stato identico: nulla di fatto. La mancanza di prove e le tesi fantasiose di pm palesemente ostili alla solidarietà non hanno mai retto nei tribunali che hanno di fatto sempre archiviato le inchieste, senza mai arrivare al processo vero e proprio.

E andrà allo stesso modo anche in questa seconda ondata di attacchi giudiziari in cui sempre le stesse tre procure, quella di Trapani, di Catania e di Ragusa, che nel 2017 diedero inizio alla campagna di criminalizzazione delle Ong tornano oggi alla carica con un’azione coordinata che desta più di qualche sospetto. Andrà così per le accuse mosse dai pm di Trapani nei confronti degli attivisti di Medici senza Frontiere, Save The Children e Jugend Rettet, andrà così per l’inchiesta incardinata dalla procura di Ragusa nei confronti di Mediterranea e sono sicuro che sarà ampiamente dimostrato nel dibattimento l’estraneità di Msf a qualsiasi fatto contestatole dalla Procura di Catania.

Andrà così perché salvare vite non può mai essere considerato, a diritto vigente, un reato. E perché è ormai chiaro che questo approccio diffamatorio è funzionale ad un disegno politico esplicito: deformare la realtà, confondere e polarizzare. Perché i problemi del Paese reale non sono le migrazioni o le persone che disperatamente tentano di fuggire dai lager libici, ma sono la sanità, la fuoriuscita dalla pandemia, l’economia da far ripartire, il lavoro che non c’è, le disuguaglianze che dividono e lacerano la nostra società.

Dell’inchiesta ragusana ad esempio colpisce il fatto che sia iniziata da un atto con cui di solito le inchieste terminano: un comunicato stampa. Un modus operandi che ci racconta le priorità: prima ci si preoccupa di dare visibilità all’inchiesta, poi se ne accertano i fatti. Non è un caso che nelle comunicazioni della procura non ci siano fatti né tantomeno prove, ad oggi solo illazioni poco utili al processo ma ottime per servire su un piatto d’argento l’ennesima possibilità di speculazione ai professionisti dell’odio e, stavolta ancora più sottilmente, alla propaganda politica, e a chi in questo momento ha necessità di riposizionarsi nel nuovo contesto di Governo.

E così mentre si investono tempo ed energie in inchieste, intercettazioni, agenti infiltrati a caccia di reati che non ci sono, si gira la testa dall’altra parte di fronte al più palese dei crimini: quello di non soccorrere le persone che rischiano la vita, di farlo troppo tardi, di affidare la sicurezza del Mediterraneo centrale alla cosiddetta guardia costiera libica, crimine operato da Italia e Unione Europea. È singolare che nessuna di quelle procure abbia mai aperto un’inchiesta sulle omissioni di soccorso che hanno causato la morte di centinaia di persone nel Mediterraneo centrale in tutti questi anni.

Il tempo si incaricherà di indicare chi era dalla parte giusta della Storia. Nel frattempo, come sempre, resistiamo a questa criminalizzazione sostenendo e difendendo chi lavora ogni giorno per svolgere il più naturale e il più nobile dei gesti: salvare la vita di chi è in pericolo.

«Siamo nudi.
Ci colpiamo l’un l’altro con una cintura.
Diciamo a ogni colpo:
Non fa male.
Colpiamo più forte, sempre più forte.
Passiamo le mani sopra una fiamma.
Ci incidiamo una coscia, il braccio,
il petto con un coltello e versiamo
dell’alcol...

«Siamo nudi.
Ci colpiamo l’un l’altro con una cintura.
Diciamo a ogni colpo:
Non fa male.
Colpiamo più forte, sempre più forte.
Passiamo le mani sopra una fiamma.
Ci incidiamo una coscia, il braccio,
il petto con un coltello e versiamo
dell’alcol sulle ferite.
Ogni volta diciamo:
Non fa male.
Nel giro di poco tempo
non sentiamo effettivamente più nulla.
È qualcun altro che ha male,
è qualcun altro che si brucia,
che si taglia, che soffre.
Non piangiamo più».

Agota Kristof, “Trilogia della città di K.”

(Manuela Dejoannon)

“Arresti, violenze, acqua avvelenata: io, birmana in Italia, vi racconto cosa sta succedendo in Myanmar”
Di Tin Ni Ni Htet
Mi chiamo Tin Ni Ni Htet, vivo a Genova da 13 anni. Sono laureata alla facoltà di lingue di Genova, organizzo viaggi e lavoro...

“Arresti, violenze, acqua avvelenata: io, birmana in Italia, vi racconto cosa sta succedendo in Myanmar”

Di Tin Ni Ni Htet

Mi chiamo Tin Ni Ni Htet, vivo a Genova da 13 anni. Sono laureata alla facoltà di lingue di Genova, organizzo viaggi e lavoro come accompagnatore turistico ufficiale sia per i turisti birmani nei paesi europei che per gli italiani che visitano il mio paese, il Myanmar. Sono cresciuta sotto la giunta militare fino a 24 anni, sono cosciente di quanto sono disumani ed egoisti e vorrei tanto che la nuova generazione potesse vivere con dignità godendo dei diritti umani e dell’istruzione che ognuno di noi merita. Per queste ragioni ho deciso di descrivere quello che sta succedendo in Myanmar.

Il 1 febbraio 2021, in concomitanza con l’insediamento del nuovo governo eletto dal popolo, la giunta militare guidata dal generale Min Aung Hlaing ha arrestato il presidente Win Myint, il consigliere di Stato Aung San Suu Kyi e molti membri del governo, con il pretesto di supposte frodi nelle elezioni democratiche di novembre 2020. (…)

A partire dalla prima settimana di febbraio, sono iniziate grandi proteste da parte di tutte le classi sociali della popolazione, guidate soprattutto dai giovani della cosiddetta Generazione Zeta, contro la dittatura militare. Le manifestazioni sono pacifiche, senza violenza da parte dei cittadini, e sono sempre proseguite fino ad oggi nonostante gli arresti, le continue e crescenti violenze e soprusi di ogni genere da parte dei militari.

(…) Già in questa prima fase, i militari andavano nei quartieri ad arrestare attivisti, politici e giornalisti. Nonostante queste notizie volte a intimorire le persone e scoraggiare le azioni di protesta, ogni giorno sempre più manifestanti in tutte le città del Myanmar si riuniscono e scendono in strada. Per questo dall’8 di febbraio, il governo golpista ha proibito di uscire e radunarsi in più di 5 persone, vietando qualsiasi assembramento tra le 20 e le 4 di mattina. Ogni sera e durante gli orari del coprifuoco i militari entrano nelle case, rompendo anche le serrature con la forza ed eseguono arresti senza motivo.

La violenza verso il popolo si è intensificata a partire dal 12 febbraio, quando sono stati liberati dalle carceri del Myanmar 23mila criminali. A partire dal pomeriggio di quel giorno si registrano violenze, rapine, incendi e disordini ogni giorno e notte. La popolazione non dorme per paura di subire soprusi. Ogni quartiere ha istituito una squadra di vigilanza per difendersi dalla polizia o dai delinquenti portati dalla polizia o dall’esercito tramite ambulanze o mezzi di Ong. Ogni giorno sono stati fermati bambini e ragazzini pagati dall’esercito con taniche di benzina per incendiare case ed avvelenare i contenitori d’acqua nei quartieri. Nonostante controlli ed allerta da parte della popolazione, purtroppo alcune fabbriche ed alcune case sono state bruciate e ci sono molti incendi dolosi.

La polizia locale ha sostituito i capi di quartiere con altri assunti dai militari golpisti, per tenere ogni singola zona sotto il comando diretto dell’esercito, soprattutto per il controllo e l’arresto dei manifestanti. Quasi tutti i quartieri non accettano questa imposizione e protestano durante il giorno, alle 20 tutti battono le pentole facendo rumore. Dappertutto ci sono tensioni e violenze da parte del governo golpista che manda persone in divisa o senza a colpire persone e famiglie che protestano suonando le pentole: secondo la tradizione birmana, ogni fine anno del calendario buddhista, in ogni famiglia si suonano i coperchi delle pentole per scacciare i demoni nascosti nelle case. Oltre agli spari con proiettili veri, con proiettili di gomma, alle violenze verso il popolo picchiato con spranghe di ferro, i manifestanti hanno anche scoperto che migliaia di bottigliette d’acqua donate durante le manifestazioni da alcuni donatori sono state manipolate (presentano un forellino sul fondo poi richiuso) ed alcune persone sono state ricoverate per avvelenamento.

Alle manifestazioni sono presenti anche piccoli gruppi di persone schierate a favore del governo militare, siamo certi che siano detenuti liberati dai militari per il loro atteggiamento violento. Al loro passaggio vengono protetti e accompagnati da polizia e militari. Dal momento in cui arrivano al centro delle manifestazioni popolari di protesta iniziano a creare il caos sparando con le fionde, rompendo le macchine dei passanti, picchiando i giornalisti. (…)

Nel quartiere delle ferrovie a Mandalay vivono operai e impiegati della ferrovia che partecipano al movimento di disobbedienza civile e hanno manifestato disarmati bloccando il transito dei treni: la sera stessa sono arrivati i militari a sparare sulla folla lanciando anche bombe lacrimogene nelle case. Durante la notte i militari girano nei quartieri distruggendo macchine e moto parcheggiate.

Il livello di violenza è aumentato dopo l’annuncio dell’ambasciatore birmano all’Onu Kyaw Moe Tun, che di fronte all’assemblea internazionale negli Usa il 26 febbraio, si è ufficialmente dichiarato a favore del popolo birmano invitando le Nazioni Unite ad agire per porre fine al colpo di stato. Dal giorno successivo le violenze si sono intensificate, la polizia ha iniziato a sparare ad altezza uomo e la prima vittima è stata una ragazza di 19 anni, colpita mortalmente alla testa da un proiettile il 29 febbraio a Nay Pyi Daw. In questi ultimi giorni i cittadini hanno iniziato a usare caschi e scudi fatti a mano, e maschere per proteggersi dalle bombe lacrimogene. Il 28 febbraio in un’unica giornata sono morte oltre 20 persone che manifestavano in pace, tanti di loro colpiti da proiettili alla testa.

La seconda giornata più tragica è stata quella del 3 marzo dove nel quartiere di North Okkalapa a Yangon sono rimaste uccise dai militari più di venti persone attraverso uso di armi da guerra, lancio di bombe lacrimogene dal cielo con aerei, mentre la polizia ha aggredito anche i volontari impegnati nell’assistenza sanitaria e rotto i vetri dell’ambulanza. In un solo giorno, secondo le fonti dei media interni, in tutto il Myanmar le città hanno registrato quasi 60 morti uccisi dalla polizia. (…)

Il popolo birmano è molto pacifico, non ama la violenza e anche per questo da più di un mese ogni giorno continua a fare manifestazioni per avere giustizia, senza reagire con la violenza e chiedendo aiuto attraverso i social media per avere un efficace aiuto diplomatico internazionale. Viviamo giorno e notte con la paura e siamo trattati in modo disumano: non sappiamo quando finiranno sia la forza di non reagire con la violenza sia l’energia per resistere in questa situazione, che si somma a tutte le altre difficoltà della popolazione per procurarsi il cibo e avere una esistenza dignitosa.

È di Stefano Delle Chiaie l’archivio ritrovato a Cinecittà: chissà se si tratta di ‘roba grossa’
Chi lo ha conosciuto esclude che possa trattarsi di roba ‘pesante’. Parliamo dell’Archivio di Stefano Delle Chiaie, fascista in fasce, iscritto alla...

È di Stefano Delle Chiaie l’archivio ritrovato a Cinecittà: chissà se si tratta di ‘roba grossa’

Chi lo ha conosciuto esclude che possa trattarsi di roba ‘pesante’. Parliamo dell’Archivio di Stefano Delle Chiaie, fascista in fasce, iscritto alla sezione romana dell’Msi dell’Appio Tuscolano a quattordici, poi leader di Avanguardia Nazionale, movimento nato nel 1960 e subito avvezzo all’uso del manganello, sciolto nel ’76 ma mai morto.

Più di venti faldoni trovati durante una indagine nella capitale appartengono proprio a lui: al golpista che organizzò nel dicembre del ’70 l’assalto al Viminale, mai punito insieme ai suoi numerosi e importanti complici; al fascista che è andato a braccetto per una vita con le nostre spie più paciose e con quelle più efferate dei paesi sudamericani dando la caccia ai partigiani resistenti a quelle spietate dittature; all’uomo che troneggiava all’hotel Parco dei Principi nel 1965, in quel famigerato Convegno nel quale un pezzo di Stato, militari e i servizi di sicurezza, si alleò con le organizzazioni fasciste per avviare la strategia della tensione, il boicottaggio violento e permanente di ogni progresso politico e sociale.

Cosa potrebbe esserci in quelle centinaia di carte trovate dalla Digos romana? Vedremo presto i risultati del loro esame – il fascicolo è nelle mani del pm Eugenio Albamonte. Tutto è cominciato nel corso della perquisizione in un appartamento di Cinecittà, occupato abusivamente e di proprietà del Comune di Roma, dove si sospetta che l’associazione culturale ”Socialis’‘ non si preoccupi tanto della cultura quanto di raccogliere l’eredità politica di Avanguardia Nazionale.

Circa 500 persone attive attorno ad un progetto di riorganizzazione di quel movimento squadrista, brutale nelle parole e nei fatti, i cui uomini erano legati all’Arma dei Carabinieri che li usava nella cosiddetta “protezione civile” (così è scritto nelle carte dell’Ufficio Affari Riservati trovate dall’allora Giudice istruttore Carlo Mastelloni).

La vicenda inquieta soprattutto perché dimostra ancora una volta quanto siano attive le reti neofasciste e quanto c’è da fare per evitare un loro radicamento, quanto poco è stato fatto sul piano delle investigazioni ma anche della politica che spesso pare aver dimenticato il senso dell’antifascismo.

Gli esiti dell’inchiesta potrebbero infine essere interessanti per quelle carte, tra cui anche numerose pagine manoscritte di Stefano Delle Chiaie, insieme a manifesti, volantini, pizzini, pare anche – ma è da confermare – note dei servizi segreti e atti relativi a processi come quello sulla Strage di Bologna, sul Golpe Borghese e sull’attentato di Piazza Fontana. E ancora scritti legati a personaggi dell’estremismo di destra come un ”fascicolo Valerio Fioravanti scritto da Stefano Delle Chiaie”, appunti sui Nar, pagine dattiloscritte su Gelli-P2, tra gli oggetti trovati anche un quadro e un calendario del Duce.

Ma non facciamoci troppo affidamento: uno come Delle Chiaie sapeva conservare i segreti, difficilmente avrebbe lasciato ad un militante qualsiasi qualche traccia utile per capire quanto siano state sporche le mani degli avanguardisti come lui.

Stefania Limiti, giornalista e scrittrice

Fabrizio Delprete
La senatrice dell’Udc Paola Binetti - quella, per intenderci, secondo cui “l’omosessualità è una devianza della personalità” - ora se ne esce con una richiesta a dir poco surreale al ministro della Salute Speranza:
“Vaccinare subito i parlamentari in...

La senatrice dell’Udc Paola Binetti – quella, per intenderci, secondo cui “l’omosessualità è una devianza della personalità” – ora se ne esce con una richiesta a dir poco surreale al ministro della Salute Speranza:
“Vaccinare subito i parlamentari in quanto categoria a rischio.”

Sì, avete capito bene. Binetti, insieme ad alcuni senatori, ha appena chiesto ufficialmente al governo di dare la priorità ai parlamentari sui vaccini, scavalcando bellamente anziani, categorie fragili e a rischio (davvero).

Nella sua richiesta, la senatrice fa riferimento – tenetevi forte – “all’età media dei senatori, alcuni dei quali con patologie pregresse, e le condizioni di stress e di rischio che i viaggi settimanali comportano per loro oltre alla molteplicità delle relazioni.”

A volte ti chiedi se siano così davvero o lo facciano apposta per vedere la reazione.

La verità è che puoi cambiare tutti i governi che vuoi, ma questo è il livello della classe politica che ci ritroviamo. Il resto? Una mera conseguenza.

L. Tosa

Luigia Turinetti

L’Unione Europea si è inchinata!
Manon Aubry, parlamentare europea e copresidente del gruppo della Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica, nel suo intervento al Parlamento Europeo con dichiarazioni taglienti eppur veritiere si rivolge a Ursula Von Der Leyen:
“Miliardi di soldi pubblici usati per piegare la gente al piacimento dei Big Pharma”.
Non fa una piega!

Soumaila Diawara

Cesare Di Trocchio
Il golpe dei sauditi contro Zinga. Ora il Pd li metta alla porta
Di Luca Telese
Forse tra qualche che anno questo dramma politico sarà raccontato come le più classiche barzellette tipizzate: “La sai quella del segretario del Pd che viaggia in aereo...

Il golpe dei sauditi contro Zinga. Ora il Pd li metta alla porta

Di Luca Telese

Forse tra qualche che anno questo dramma politico sarà raccontato come le più classiche barzellette tipizzate: “La sai quella del segretario del Pd che viaggia in aereo con un ex deputato del Pli, un ex Andreottiano e un inquisito?”. No, non la sa nessuno. Perché è difficile raccontare anche per noi, che in trent’anni di cronache ne abbiamo viste tante. Sarà difficile spiegare ai lettori di domani che quelli che hanno fatto la guerriglia giorno e notte a Nicola Zingaretti (fino a spingerlo alle dimissioni, ieri) sono uno che a vent’anni votava il pentapartito (Andrea Marcucci), un altro che alla stessa età sognava di essere un nuovo Giulio Andreotti (Lorenzo Guerini) e un terzo che ha fatto carriera perché il padre lo ha caldeggiato come portaborse a Matteo Renzi (Luca Lotti).

Ci sarebbe da non crederci, con rispetto parlando per gli individui che non sono mai angeli o demoni, ma anche con la giusta attenzione ai mediocri che operano potentemente nel determinare i destini degli altri. E pare davvero incredibile, se si guardano le cose con il senso della storia, che due famiglie politiche cresciute politicamente con Enrico Berlinguer e Aldo Moro, si ritrovino oggi in un partito che ha come opposizione interna una corrente fatta con gli scarti delle anime più minoritarie del pentapartito, con dei piccoli strateghi di provincia, in una parola, con “la corrente Saudita” del Pd.

Ovvero con quelli che mentre il paese si trovava precipitato in una crisi politica in piena pandemia (scatenata da Riad dal loro ex dante causa), non dicevano una parola sul loro ex guru (ovviamente) e giocavano a sparare sul quartiere generale, andando a caccia di poltrone per sé e per i propri famigli (questo lo dice Nicola Zingaretti aggiungendo: “Mi vergogno”).

Attenzione. Il seguito dei sauditi nel popolo di sinistra è vicino allo zero virgola. Ma il loro peso in parlamento è ancora considerevole e spropositato, non per qualche strano caso della vita. Ma perché i gruppi di Camera e Senato del Pd quando Renzi era ancora leader sono stati costituiti – non va mai dimenticato – in un golpe notturno sulle liste che trasformò in deputati e senatori una banda di zucche cammellate.

Tutto grazie allo schifo del Rosatellum (altro regalino di Renzi) e alle sue liste bloccate che sottraggono la sovranità agli elettori. E non va mai dimenticato che l’inventore di questo scempio elettorale -Ettore Rosato – ebbe l’onore di essere trombato con la legge elettorale che lui stesso aveva scritto (un genio) e che poi è stato recuperato grazie al paracadute che lui stesso aveva inventato è inserito nel testo (tu guarda). Alla faccia del consenso. Mentre l’altra eroina del renzismo – Maria Elena Boschi – giudicata “incandidabile” in Toscana dai suoi stessi protettori, si era fatta cammellare dalla Svp, come una paracadutata in Alto Adige, all’insegna di un’indimenticabile intervista al Corriere: “Imparerò il tedesco”. Un’altra reginetta del consenso.

Adesso metà di questi campioni delle liste bloccate e degli accordicchi salvapoltrona, si ritrovano in un partito che boccheggia al 2,8 per cento, e l’altra metà sono come parcheggiatori abusivi in un altro partito. In cui non li rivoterebbe nessuno. Ma ovviamente entrambi vogliono dettare la linea al Pd, in cui sono minoranza. Ecco perché i “sauditi” hanno operato dentro e fuori il partito, negli ultimi mesi, con una coordinazione da acrobati circensi che si sorreggono l’uno all’altro in volo.

Ogni volta che si era a punto di svolta, c’erano un Marcucci, un Guerini o un Lotti (costretto a parlare di meno, per ovvi motivi) pronti a a sparare sul quartier generale o a chiedere una poltrona, a porre un veto. Il punto più alto di questa guerriglia è stato il capolavoro del governo Draghi, con i capi corrente che hanno sacrificato le donne per salvare il proprio posto. (…)

Solo in un mondo al contrario, tre ex minoritari di destra possono salire in cattedra. Ma questo è esattamente quello che è accaduto ieri:
– La sai quella del segretario del Pd che viaggia in aereo con un ex deputato del Pli, un ex Andreottiano e un inquisito?
-No, cosa fanno tre tipi così, con un segretario?
-Un golpe.

«Il mondo si sta trasformando in una caverna proprio come quella di Platone: tutti guardano le immagini e credono che siano realtà.»
(José Saramago)
(La Finestra della Letteratura)

«Il mondo si sta trasformando in una caverna proprio come quella di Platone: tutti guardano le immagini e credono che siano realtà.»

(José Saramago)

(La Finestra della Letteratura)

Ieri sera a “Piazza Pulita” era ospite Pierluigi Bersani.
A un certo punto, parlando di Giuseppe Conte, Alessandro De Angelis lo ha incalzato:
“Avete dato nei suoi confronti un sostegno acritico che non avete dato a nessun leader della...

Ieri sera a “Piazza Pulita” era ospite Pierluigi Bersani.

A un certo punto, parlando di Giuseppe Conte, Alessandro De Angelis lo ha incalzato:
“Avete dato nei suoi confronti un sostegno acritico che non avete dato a nessun leader della sinistra.”

Risposta di Bersani, lucidissima:

“Adesso non sono io che devo giustificare perché ho sostenuto Conte. Adesso siete voi che l’avete bombardato tutti i giorni a dirmi perché non andava bene Conte. Non c’è stato alcun pregiudizio positivo nostro. C’è stato, al contrario, un pregiudizio negativo verso un Presidente del Consiglio che è stato massacrato tutti i giorni perché faceva i Dpcm, perché non faceva il Mes etc. Io non ho mai adorato nessuno, ma questa cosa qui della damnatio memoriae e di massacrare chi non è ritenuto degno di stare nel giro è una rovina di questo Paese.”

E, alla luce di quello che è accaduto, del modo in cui è stato fatto fuori e di quello che è successo dopo, è davvero difficile dargli torto.

lorenzo Tosa

La nullità politica di Matteo Salvini è ormai un’evidenza scientifica
Filippo Rossi, leader Buona Destra
La nullità politica di Matteo Salvini è, ormai, un’evidenza scientifica. Esagerazione? No. È una realtà dimostrata empiricamente. Perché non può...

La nullità politica di Matteo Salvini è ormai un’evidenza scientifica

Filippo Rossi, leader Buona Destra

La nullità politica di Matteo Salvini è, ormai, un’evidenza scientifica. Esagerazione? No. È una realtà dimostrata empiricamente. Perché non può che essere una nullità un leader che, ogni volta, come un disco rotto si inceppa sempre e comunque sulla stessa vuota retorica. Due esempi degli ultimi giorni.

Il primo: la sua richiesta sfrenata di riaprire ogni attività, nonostante tutto e nonostante tutti. Nonostante la scienza, nonostante il suo Giancarlo Giorgetti, nonostante la svolta governativa della Lega. Non c’è nulla da fare, la nullità Salvini continua a sbattere contro lo stesso muro propagandistico per cavalcare il reale disagio economico di tanti, troppi italiani. Salvini, evidentemente, non impara dai suoi errori, non impara dalle sue stesse menzogne. Niente, continua imperterrito a urlare il nulla per cercare di riempire il suo niente politico.

Fateci caso: ogni sua “proposta” degli ultimi mesi è caduta nel vuoto assoluto. E questo è ancor più vero oggi che (in teoria) Salvini ha suoi uomini al governo del paese. Lui dice “riapriamo”. E loro chiudono. Lui dice (e così si arriva al secondo eclatante esempio) di comprare i vaccini sottobanco da San Marino (San Marino!) e loro proseguono nell’unica strategia possibile, quella europea.

Ecco, Salvini assomiglia a un criceto che corre a perdifiato sulla sua ruota, convinto di andare da qualche parte. E, invece, spreca energie per non andare da nessuna parte. Metafora perfetta di una politica autoreferenziale che parla senza mai avere la capacità di prendere una decisione vera. Una politica che corre senza una vera meta.

(dal sito L'insostenibilità storica del cristianesimo e il mito di “Gesù”)

Il nuovo prete della parrocchia era molto nervoso per la sua prima messa e quasi non riusciva a parlare. Domandò quindi all’Arcivescovo come poteva fare per rilassarsi e questi gli suggerì di mettere un pochino di Tequila nell’acqua della Messa.
Così fece.
Si sentì cosi bene che avrebbe potuto fare la predica in mezzo ad una tempesta. Però quando tornò in canonica, trovò la seguente lettera dell’Arcivescovo:
“Caro Don Angelo, qualche appunto spicciolo:
– la prossima volta, metta un po’ di Tequila nell’acqua e non viceversa, e non sta bene mettere limone e sale sul bordo del calice.
– La manica della tonaca non deve essere usata come tovagliolo.
– Ci sono 10 comandamenti e non 12.
– Ci sono 12 discepoli e non 10.
– I vizi capitali non sono i peccati degli abitanti di Roma
– Non ci si riferisce alla croce come “quella grande T di legno”
– Non ci si riferisce a Gesù Cristo e i suoi discepoli come “JC e la sua band”.
– Non ci si riferisce a Giuda come “quel figlio di buona donna”.
– Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo non sono “Il Vecchio, Junior e il fantasmino”.
– La toilette dove ha orinato a metà messa in realtà era il confessionale… e non è bello imprecare perché non hanno messo lo sciacquone.
– L’iniziativa di chiamare il pubblico a battere le mani è stata lodevole, però ballare la macarena e fare il trenino mi pare esagerato.
– L’acqua santa serve per benedire e non per rinfrescarsi la nuca sudata.
– Le Ostie vanno distribuite ai fedeli che si comunicano, non devono essere considerate alla stregua delle patatine come antipastini e accompagnate dal vino santo.
– Quello sulla croce, anche se con la barba assomiglia a Che Guevara, non era lui ma Nostro Signore Gesù Cristo.
– Cerchi di indossare le mutande, e quando ha caldo eviti di rinfrescarsi tirando su la tonaca.
– I peccatori quando muoiono vanno all’inferno, non “a farsi fottere”.
– La messa deve durare 1 ora circa e non due tempi da 45 minuti, e quello che girava vestito di nero è il sagrestano, non “quel cornuto dell’arbitro”
– Quello che le stava seduto a fianco ero io, il suo Arcivescovo, non “..una checca in gonna rossa”.
– La formula finale corretta è “La Messa è finita, andate in pace” e non “Che mal di testa, andate tutti fuori dalle scatole”.
Per il resto, mi pare andasse tutto bene.
L’Arcivescovo.

(Vai Avanti Tu, Che Mi Viene Da Ridere)

Il deputato di destra grida al sacrilegio: “Achille Lauro con il Sacro Cuore di Gesù offende gli italiani”
La destra post missina (che era a suo volta post-fascista) vorrebbe portare un po’ di Ungheria e Polonia in Italia: ossia oscurantismo.
E...

Il deputato di destra grida al sacrilegio: “Achille Lauro con il Sacro Cuore di Gesù offende gli italiani”

La destra post missina (che era a suo volta post-fascista) vorrebbe portare un po’ di Ungheria e Polonia in Italia: ossia oscurantismo.

E mentre Salvini ha sbomballato gli italiani in lungo e in largo con il cuore Immacolato di Maria, ora il deputato meloniano porta la polemica religiosa a Sanremo.

“Sul palco dell’Ariston Achille Lauro si presenta con il Sacro Cuore di Gesù, simbolo religioso cristiano e di numerosi Stati e ricorrenza del calendario liturgico quest’anno sarà il 21 giugno, ledendo la sensibilità e la fede della maggioranza degli italiani”.

Lo dichiara il commissario di Vigilanza Rai, deputato Federico Mollicone, in occasione della presentazione di CulturaIdentita’. “Chiediamo come sia stato possibile, senza bigottismi, che in uno show nazionalpopolare nessuno abbia vigilato. È uno dei motivi per cui riteniamo che la direzione artistica debba tornare sotto il controllo di Rai”, conclude.
Ossia un tentativo di commissariare il prossimo festival di Sanremo all’insegna di dio, patria e famiglia.

globalist

image