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IN TEMPI come questi, chi ancora ha voglia di pensare un istante a ciò che siamo e siamo diventati può davvero misurare  la distanza che ci separa dal passato, persino da quello recente. Ormai non siamo più abituati a distinguere il “tempo della festa” dal “tempo ordinario”  : la festa è divenuta sinonimo di libertà dall’occupazione quotidiana, “tempo libero”, e ne abbiamo perduto il senso di “tempo qualitativamente diverso”. Anche in ciò l’occidente moderno rappresenta un unicum antropologico rispetto alla civiltà del mondo, inclusa quella nostra premoderna. nei ritmi calendariali delle stagioni le varie culture elaborate dagli uomini di tutti i tempi hanno vissuto in un tempo “ciclico”, ritualmente scandito da momenti nei quali l’ordine cosmico per qualche motivo veniva interrotto e il Divino (e/o il Demonico : insomma il Diverso) irrompevano nella vita ordinaria. Nella cultura romana l’avvicinarsi della primavera era sentito come un momento splendido ma anche difficile e pericoloso.: le scorte di cibo stavano esaurendosi e ci si apprestava ad una magra alimentazione. Per i romani erano queste  le LIBERTATES DECEMBRIS, feste durante le quali per un giorno i servi diventavano padroni e  viceversa, e il miserabile diventava “re per un giorno” : il caos si produceva artificialmente, per dominarlo e farlo succedere da un immediato ritorno all’ordine. Era normale che soprattutto i giovani assumessero ritualmente aspetto, abiti e caratteri degli antenati potando sul volto le LARVAE, un termine derivato da Lares(l’antenato divenuto divinità domestica) ma passato ad indicare l’entità del defunto ostile, da tener a bada onorandolo ma al tempo stesso confondendolo. Con i longobardi, le Larvae divennero MASCARAE, da MASCHA che indicava appunto, soprattutto, lo spirito malvagio di sesso femminile(e poi la strega). I cristiani non potevano accettare questo modo di intendere l’ordine e il disordine, ma non erano nemmeno in grado di abbandonare le tradizioni. Adottarono quindi la Quaresima, una lunga fase di privazioni che iniziava con una festa di addio apparentemente giocoso all’inverno, in cui si dava con belle ricche mangiate di carne  e ci abbandonava a scherzi  e mascheramenti. Tempo di festa eppure anche di pericolo, di angoscia , di paura, di violenza : questo il senso profondo del carnevale. quel tanto di gioiosamente demoniaco di quelle vesti e di quegli atteggiamenti manteneva in qualche modo gli antichi culti e al tempo stesso li esorcizzava, traducendosi soprattutto in rituali di rovesciamento del potere. Ecco perché nel carnevale romano i giovani mimavano con un gioco che consisteva nello spegnere delle candele l’uccisione del proprio padre;  Nella Firenze rinascimentale i baldi eredi delle grandi famiglie incedevano con maschere e abiti  che ricordavano i volti dei loro illustri antenati impertinenti e magari osceni. A Fano, e non solo, ancora oggi si può prendersi gioco dei potenti facendo sfilare i carri che satireggiano il potere. Si dice : < a carnevale ogni scherzo vale>. POI torna la normalità : e i potenti di solito si vendicano.